La prima volta che ho visto la yucca (o manioca, mandioca, yuca, cassava), non mi ha colpita particolarmente. Mi ricordo benissimo quando la sorella del mio (all’epoca) fidanzato la portò da Milano, con tanto di entusiasmo, dicendomi che all’Esselunga ce n’erano tantissime e che dovevo assolutamente provarla. Nonostante le sue raccomandazioni, quella radice rimase a prendere polvere in cucina per settimane, forse mesi. Ogni volta che la guardavo, pensavo: e adesso cosa ci faccio con te?. Poi, un giorno, presa dalla curiosità, decisi di darle una chance. Fu l’inizio di un piccolo viaggio gastronomico che mi fece scoprire una radice dal sapore antico e ricco di storia.
La Yucca: un’antica compagna di viaggio
La yucca non è certo un’invenzione recente. Originaria delle foreste tropicali del Sud America, era già la fedele compagna delle civiltà come i Maya e gli Inca, ben prima che Colombo mettesse piede sulle loro terre. La manioca ha sostenuto generazioni intere grazie alla sua capacità di crescere in terreni poveri e in condizioni difficili. Ecco perché le popolazioni indigene la veneravano come un dono prezioso della terra. Poi, con l’arrivo degli europei, la yucca iniziò il suo lungo viaggio verso altre parti del mondo, diventando uno dei pilastri alimentari in Africa e in Asia, dove ancora oggi è apprezzata e utilizzata.
Due tipi di Yucca: dolce e amara
La manioca si divide in due principali varietà:
- Manioca dolce: può essere consumata cruda in piccole quantità, poiché contiene solo una minima quantità di composti tossici. Tuttavia, è consigliabile cuocerla per sicurezza.
- Manioca amara: questa varietà è più comune nei climi tropicali e richiede un trattamento accurato per eliminare l’acido cianidrico, un composto potenzialmente tossico. Deve essere lavata e cotta a lungo per neutralizzare i glicosidi cianogenici presenti, che possono rilasciare cianuro.
Quando si sceglie la manioca da cucinare, è fondamentale che la polpa sia bianca e uniforme. Se il tubero presenta striature nere, significa che è andato a male e non dovrebbe essere consumato.
Nutrimento puro: cosa contiene la Yucca?
Dal punto di vista nutrizionale, la yucca è una miniera di carboidrati complessi, che la rendono un’ottima fonte di energia. Perfetta per chi cerca un alimento che possa tenerti in piedi per ore! In più, questa radice ha un discreto contenuto di vitamina C, potassio e magnesio. Certo, non è particolarmente ricca di proteine o grassi, ma per questo ci sono tanti altri alimenti da abbinare.
Una piccola avvertenza però: come detto, le varietà amare contengono sostanze tossiche, che vanno eliminate tramite cottura o fermentazione.
Nella tradizione: Il pane dei Caraibi e molto altro…
Ogni popolo ha il suo modo di trasformare la yucca in qualcosa di speciale. Nei Caraibi, ad esempio, la manioca è la protagonista del casabe, una sorta di pane croccante che un tempo accompagnava i lunghi viaggi in mare. Le sue radici, essiccate e macinate in farina, diventano l’ingrediente perfetto per creare piatti che resistono nel tempo.
In Africa, la yucca si trasforma in fufu, una sorta di polenta morbida che viene servita accanto a stufati ricchi e zuppe corpose. Un piatto che sa di casa, di mani che lavorano, di famiglie che si riuniscono attorno a un tavolo.
In Brasile, l’amido della manioca diventa tapioca, un ingrediente che si presta a preparazioni dolci e salate. Chi andando in Brasile non ha mai assaggiato il famoso pão de queijo, quei soffici panini al formaggio che ti scaldano il cuore?
La Yucca oggi: un’ingrediente che mi sorprende sempre
Oggi, la yucca continua a far parlare di sé. In cucina è un vero jolly: puoi bollirla, friggerla, grigliarla o trasformarla in purea. È la sua versatilità che la rende speciale. Le sue perle di tapioca sono il cuore del celebre bubble tea, una bevanda inventata nel 1980 in Thailandia che ha conquistato le nuove generazioni con la sua simpatica consistenza e il mix di sapori esotici. Mio marito, nonostante non faccia parte delle nuove generazioni ne va matto. A luglio ne ha provato uno fantastico a Milano con tè verde, dragon fruit fresco e perle di tapioca al mango. Una vera delizia.
La tapioca, ottenuta dalla radice essiccata, è usata per addensare zuppe, salse e dessert. Grazie alla sua assenza di glutine, è anche perfetta per i celiaci e spesso utilizzata in combinazione con altre farine per preparare pane e dolci.
Ma non finisce qui: la yucca ha anche altri usi sorprendenti. Le sue fibre robuste vengono impiegate per fare corde, tessuti e persino bioplastiche eco-sostenibili. In poche parole, la yucca è una di quelle risorse che non smette mai di stupire.
Come preparare la Yucca: un rituale che si ripete da centinaia di anni
Quando decidi di cucinare la yucca, è come se stessi partecipando a un piccolo rituale. La prima cosa da fare è pelarla, eliminando la buccia spessa e fibrosa. Poi, la tagli a pezzi e la fai bollire per circa 30-50 minuti, finché non diventa tenera. Durante la bollitura, la manioca rilascia gran parte delle sue tossine nell’acqua, che deve essere poi scartata. Una volta cotta, la radice si divide in quattro parti, rivelando al centro una anima dura e legnosa, che va eliminata.
Dopodiché, la puoi cucinare come preferisci: arrostita, fritta o in purea. Un consiglio? Friggetela a bastoncini in olio extravergine d’oliva, conditi con sale e pepe. Il risultato? Bastoncini croccanti fuori e morbidissimi dentro, un vero piacere per il palato!
Se invece hai a disposizione la varietà più amara, potrebbe essere il momento di rispolverare la tradizione della fermentazione. Questo metodo antico permette di neutralizzare le sostanze tossiche e ottenere una farina ricca e nutriente, perfetta per preparare pane e focacce.
Come si cucina la Yucca?
Quando cuoci la manioca, il processo di cottura la trasforma da una radice dura e fibrosa a un alimento tenero e facilmente lavorabile. Una volta bollita, la polpa diventa soffice e cremosa, pronta per essere schiacciata o utilizzata come base per altri piatti. Se scegli di friggerla, invece, la manioca si trasforma in qualcosa di magico: esternamente croccante, con quel sapore leggermente dolce, mentre l’interno rimane morbido e delicato. Il contrasto tra la croccantezza e la consistenza soffice rende la manioca fritta un contorno irresistibile, simile alle patatine fritte ma con una marcia in più. Spesso viene servita in paesi come Brasile, Venezuela, Colombia e Perù, dove la manioca fritta è un contorno amato e diffuso, accompagnato da salse piccanti o limone.
Le chips di manioca sono un’altra variante popolare, amatissime in America Latina e in Africa. Sono leggere, croccanti e assolutamente da provare!
Spero di averti incuriosito ed invogliato a provare la manioca, sono sicura che non ve ne pentirete.
A chiusura di questo lungo articolo voglio lasciarvi con un poetico racconto sulle origini della manioca, il mito Aruak:
Accadde, in un tempo lontano, un fatto straordinario che sconvolse la tranquilla esistenza di un piccolo villaggio indios.
Al Capo villaggio, uomo saggio e giusto, era infatti nata una nipotina dalla pelle inspiegabilmente bianca.
Il suo corpo però, perfetto e candido come le piume del re dei condor, spaventava oltremodo gli Indios che consideravano quella creatura un triste presagio.
Gli anziani interpellati ne condivisero il timore e si recarono dall’autorevole capo villaggio chiedendogli, senza mezzi termini, di sopprimere al più presto la nipotina.
Il vecchio prese tempo rimandando al giorno seguente la drammatica decisione. Durante la notte uno Spirito accompagnò il sonno dell’indio consigliandolo sul da farsi.
Giunta l’alba il capo villaggio scese al fiume, lavò la bimba e la presentò orgogliosamente alle famiglie della tribù.
“Questa è mia nipote e gli Spiriti raccomandano che sia ben trattata” disse con voce ferma, dando ad intendere che non avrebbe tollerato obiezioni.
Gli indios si rassegnarono e la bimba crebbe in modo straordinario: in pochi giorni già parlava ed in breve prese a camminare con passo fermo.
La gente ne era intimorita, ma il carattere gioviale della piccina rinfrancò gli animi smorzando ogni pregiudizio.
Dopo pochi mesi, la bimba, il cui nome era Maní, divenne la più amata del villaggio e il capo villaggio si sentiva il vecchio più felice al mondo.
Ma, improvvisamente, senza soffrire alcun malanno, la piccina morì. I genitori, sapendo quanto egli l’ amasse, decisero di seppellirla nella capanna del nonno che non si capacitava della perdita, dando addirittura l’ impressione di essere uscito di senno.
Nei tempi che seguirono il pover’uomo si rinchiuse in se stesso passando la giornata a piangere sulla tomba della nipote.
Tante furono le lacrime che dal suolo germogliò una piantina e gli uccellini che la beccarono ne furono subito inebriati. In seguito la terra si aprì ai piedi dell’ alberello permettendo alle radici di fuoriuscire.
Gli indios le colsero e videro che erano bianchissime, proprio come Maní. Allora la chiamarono manioca che vuol dire il corpo di Maní.